
L’odissea dell’imposta di soggiorno.
Nascita, normativa e dichiarazione telematica del tributo voluto a sostegno del turismo italiano.
In Italia l’applicazione di una tassa di soggiorno fu permessa a partire dal 1910. In origine solo alcuni comuni, noti per la vocazione climatica e/o balneare, avevano la facoltà di richiedere il pagamento di un tributo a coloro che vi soggiornavano a scopo di cura. La riscossione degli importi restava a carico degli albergatori che, visto il silenzio della legge in materia, in caso di omesso versamento si trovavano a fronteggiare accuse di peculato.
Con il ventennio fascista la tassa fu tramutata in un’imposta applicabile a tutte le località di interesse turistico per poi essere rimossa nel 1988 dietro al presupposto che la sua abolizione potesse dare una spinta all’arrivo di turisti nel bel paese. Contrariamente a quanto creduto l’assenza dell’imposta non portò ai risultati sperati.
Novità introdotte
Successivamente la maggiore autonomia concessa a regioni e comuni, in conseguenza alle novità introdotte in materia di federalismo fiscale nel 2009, portò alla reintegrazione dell’imposta di soggiorno per mezzo di due norme: il decreto legge n. 78 del 2010, valido solo per la città di Roma (alla quale, in considerazione della sua specificità, venne concesso di adottare diverse misure tra cui l’introduzione di un contributo di soggiorno – da cui il “modello” Roma Capitale) e il decreto legislativo n. 23 del 2011 che gettò le linee guida su cui si basa l’imposta di soggiorno – alias tourist tax – attualmente in vigore. Lo stesso decreto introdusse anche il regime della cedolare secca sulle locazioni a sostituzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta di registro e di bollo.
I pilastri dell’imposta
Oltre alle disposizioni sul chi possa indirla e sul come l’imposta di soggiorno possa essere applicata all’interno di un dato territorio, il decreto legislativo del 2011 dispose che il contributo avvenisse a carico di coloro che “alloggiano nelle strutture ricettive”; a fare chiarezza sul termine struttura ricettiva ci pensò la legislatura nel 2014 con il testo unico in materia di strutture ricettive.
Nel mondo delle agenzie immobiliari si sottolinea l’importanza dell’art. 27 del testo unico che descrive gli appartamenti ammobiliati ad uso turistico – AAUT – come “unità immobiliari di civile abitazione…date in affitto ai turisti…con contratti aventi validità non superiori ai 12 mesi e sempre che l’attività non sia organizzata in forma di impresa”.
Complessità dell’Imposta
La normativa sulle locazioni a valenza turistica è piuttosto complessa e svela un profondo conflitto tra Stato e Regioni. Infatti, la nostra costituzione, all’art. 117, prevede che la legislazione in materia di turismo spetti alle regioni ma dispone che la disciplina delle locazioni ricada tra le questioni di ordinamento civile, materia di competenza esclusiva dello stato. È, pertanto, il codice civile (agli artt. 1571 e seguenti) a disciplinare le locazioni turistiche. A confermare questo anche l’art. 53 del decreto legislativo n. 79 sempre del 2011: “gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, in qualsiasi luogo ubicati, sono regolati dalle disposizioni del codice civile in tema di locazione”.
Cosa ne deduciamo
Fermandosi a quanto stabilito fin qui verrebbe da pensare che la tourist tax possa essere applicata a tutte le locazioni con finalità turistica aventi durata fino ai 12 mesi; in realtà lo stato con il decreto legge n. 50 del 2017 disciplina esclusivamente le c.d. locazioni brevi, ossia “locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni” per le quali è espressamente previsto il pagamento dell’imposta di soggiorno.
Ad oggi sono centinaia i comuni che, autonomamente, riscuotono il tributo destinandone il gettito a interventi in materia di turismo, dal sostegno delle strutture ricettive alla manutenzione dei beni culturali e ambientali.
Una seconda finalità è senza dubbio quella di creare “un’anagrafe” delle strutture presenti sul territorio e di far emergere gli immobili ancora non dichiarati al catasto, asilo del turismo sommerso.
Da notare anche che non tutti i comuni possono applicare questo tributo; nello specifico questa facoltà è data a “i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte” (cit. dl 23/2011).
Chi paga? e chi versa?
Quel che è certo è che il soggetto passivo è unicamente il turista che pagherà l’imposta direttamente alla struttura, al mediatore o al soggetto incaricato. In capo a quest’ultimo, che assume il ruolo di agente contabile e agisce come responsabile d’imposta, resta l’obbligo di versare gli importi riscossi presso gli uffici delle autorità comunali competenti. Benché siano previste esenzioni e/o riduzioni a favore di determinati soggetti, da verificare presso gli uffici dei propri comuni, è interessante sottolineare il presupposto dell’imposta: una vacanza, di fatto, è considerata una manifestazione di capacità contributiva.
In linea teorica, l’importo dell’imposta di soggiorno dovrebbe essere definito secondo criteri di gradualità rispetto al prezzo pagato dal turista per il suo soggiorno. Benché detto importo vari da città a città possiamo dire che solitamente la tourist tax varia da 1 a 5 euro a notte a persona ad eccezione di Roma Capitale e di tutti quei comuni capoluogo di provincia che registrano presenze turistiche in numero 20 volte superiore al numero di residenti dove può arrivare fino ai 10 euro.
Comunicazione e Software
Per la comunicazione delle presenze e per il versamento delle somme dovute vengono in soccorso agli agenti contabili specifici software ideati appositamente per la gestione dell’imposta di soggiorno.
Tolte tutte le vicissitudini che hanno caratterizzato l’evoluzione dell’imposta, vi sono ancora molti dubbi da sciogliere. In particolare, sono molti i comuni che richiedono il versamento anche per le locazioni turistiche, ossia superiori ai 30 giorni ma inferiori ai 12 mesi.
Secondo il decreto n. 23 del 2011 a dettare una disciplina generale sull’imposta di soggiorno avrebbe dovuto pensarci un regolamento che non è mai stato emanato. I comuni si sono quindi mossi in maniera autonoma, talvolta anche raggirando lo stesso decreto legislativo, portando a una profonda disomogeneità in materia su tutto il territorio dello stato.
Fermi tutti, arriva il MEF.
Viene da pensare che proprio dietro alla necessità di ottenere chiarezza e, possibilmente, un tanto sperato allineamento tra comune e comune il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha introdotto, ad aprile di quest’anno, l’obbligo della “dichiarazione telematica” dell’imposta di soggiorno da presentare annualmente tramite i servizi offerti dall’Agenzia delle Entrate.
A dover presentare la dichiarazione è il gestore della struttura ricettiva e/o, nel caso delle locazioni (brevi!), colui che incassa il canone o interviene nel pagamento dello stesso. Gli agenti immobiliari, che agiscono come mediatori, ad oggi sono quindi tenuti ad adempiere sia al versamento degli importi trattenuti ai turisti al comune di riferimento sia alla presentazione della dichiarazione al MEF.
Decreto, modelli, istruzioni e FAQ per la presentazione della dichiarazione, al momento da presentare entro il 30 settembre 2022 con riferimento agli anni 2020 e 2021 (una dichiarazione per ciascuna annualità), sono disponibili sul sito del Ministero a questo link. Sulla stessa pagina si trova il collegamento al sito dell’Agenzia delle Entrate dal quale, una volta eseguito l’accesso, si compilano e inviano le dichiarazioni richieste. Avvisiamo che, come da recentissima FAQ, per coloro che hanno già adempiuto alle comunicazioni dovute e richieste dai rispettivi comuni per gli anni 2020-2021, il MEF ritiene non sia necessaria la dichiarazione telematica di cui sopra. Al contrario, coloro che non hanno presentato relative adempimenti presso il proprio comune sono tenuti a presentare esclusivamente la dichiarazione al ministero.
In ogni caso, trattandosi di nuove disposizioni ancora poco chiare ai più, consigliamo vivamente di verificare, comune per comune, quali adempimenti siano necessari e quali no, onde evitare sanzioni e/o brutte sorprese.
Nonostante l’interfaccia del programma sia piuttosto intuitivo e nonostante la messa a punto di eventi dedicati alle peripezie della tourist tax da istituzioni come FIAIP (il nostro eroe senza mantello), si spera, in futuro, di ottenere uno snellimento nella procedura ma anche, e soprattutto, una maggiore chiarezza da un punto di vista normativo e una maggiore omogeneità tra i regolamenti comunali stabiliti sull’ormai temutissima imposta di soggiorno.
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Team Erremedia
Stefania Longo Rossini